Quando parliamo di solitudine immediatamente si crea il parallelo con la metropoli e il suo caos assordante che nasconde i mille problemi dei suoi abitanti, alcuni dei quali in preda a situazioni abbastanza tristi dal punto di vista umano. Soprattutto chi è anziano, e non in buona salute, vede ingigantirsi attorno a sè il silenzio, a causa di parenti che spesso e volentieri li rinchiudono nelle RSA e chi si è visto s'è visto, magari concedendo loro una visita una tantum giusto per non creare malumori tra il personale all'interno della struttura.
In città molti giovani si chiudono in se stessi passando ore ed ore su internet, cercando amicizie virtuali per scambiare una parola e molte volte cadono nelle rete di persone senza scrupoli.
Insomma il quadro non è edificante, ma consoliamoci. Non solo in città si vive la solitudine ma pure in piccoli paesi. Con una differenza sostanziale però: se si ha la fortuna di avere figli, nipoti, parenti nel proprio raggio abitativo non ci sono problemi, ci si vede in ogni occasione, e la domenica diventa il perno della vita familiare. Anche se in famiglia si è in due vuol dire tanto...una coppia di coniugi, di fratelli, di sorelle possono organizzare al meglio la propria vita, scambiando tra essi una parola. E sappiamo che l'essere umano, al pari degli animali, è una creatura sociale, che ha bisogno degli altri simili.
Viceversa chi è solo nel vero senso della parola e ha parenti che non vivono nello stesso luogo, ha una vita difficile e riesce a sopravvivere solo se ha una grande forza d'animo.
Da poche settimane il nostro paese ha un nuovo parroco, una persona giovanile d'animo ma soprattutto molto attenta a ciò che riguarda la vita dei fedeli, e ha da subito voluto accentrare il suo ministero sul significato dell'accoglienza verso chi è solo. In tutte le sue omelie, raccomandazioni spirituali, ha sempre posto l'accento sul tema della solitudine, ribadendo a gran voce : " Nessuno deve sentirsi solo e abbandonato".
Già.... non è facile però. Per natura ci si chiude verso chi non è di famiglia, quando in realtà sarebbe bello invitare al proprio tavolo domenicale o festivo una persona che in quel momento ha bisogno di sentirsi accolta.
Ricordo a Roma da ragazzina a Natale i miei genitori, accordandosi con la parrocchia, invitavano persone che non avevano nessuno e la tavola era veramente festosa, oltre ai nostri parenti ci stava chi parenti non ne aveva.
In fondo basta poco per far felice chi è solo...non serve vedersi in piazza in occasione di un evento per stare insieme...la vita è anche dopo....
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